REPORTAGE | RACCONTI | GIORNALISMO
MARCO BENEDETTELLI | PORTFOLIO
Nero di seppia
«Iride è arrivata a esibirsi a Nacona, città di mare afflitta da una sorta di maledizione, quella del nero di seppia che genera in chi lo mangia un malessere atavico. La performer, però, abbandona presto il palco e si unisce al Guardiano e alla sua combriccola di “miserabili” amici. Questi incontri la iniziano ai misteri, ai traumi che affiorano dal passato della città e ai pericoli che su essa si profilano. C’è chi trama per devastanti trasformazioni urbanistiche. Il viaggio di Iride, sopra e sotto Nacona, tra strade e cunicoli, grotte e scogliere, la porta a incrociare macchine fantastiche, sogni, ombre di ogni tipo, desideri sepolti in una parabola di liberazione.»
Nel Mediterraneo sulle tracce degli harraga
«Harraga. È il termine arabo che indica i migranti che bruciano i propri documenti d’identità per attraversare illegalmente la frontiera e tentare una via d’ingresso in Europa. Marco Benedettelli, testimone attento e sensibile, ne ha seguito nel 2011, anno infiammato dalla Primavera araba, gli spostamenti, le speranze, le paure, in un lungo itinerario che lo ha condotto nelle zone nevralgiche del fenomeno migratorio tuttora in atto nel Mediterraneo e in particolare in Italia, terra di approdo e di transito per quelli che cercano una nuova vita in fuga da povertà, guerre, dittature. Dalla Tunisia a Lampedusa, dalla Libia a Ventimiglia, da Malta a Roma e fino alla problematica realtà dell’Hotel House di Porto Recanati nelle Marche, Chi bruciaè un diario di viaggio coinvolgente e appassionato in cui la verità scottante del reportage s’intreccia a brani di felice invenzione narrativa.»
«Nello zibaldone di Benedettelli le storie risultano parti infinitesime di esistenze in transito, in movimento, simili all’andamento di un “corto”, di un videoclip, dove gli eroi perduti sono sempre più soli e incapaci di essere personaggi, protagonisti. Vivono la loro deriva generazionale di figli indeboliti della nuova Europa in un io disperso, incapace persino di gridare, e non trovano mai un noi collettivo che possa alla fine liberarli dai nodi e grovigli di una condizione perennemente irrisolta di inutilità. Ma forse anche per questo effetto finale, ma non solo per quello, li sentiamo fratelli.» (Dalla prefazione di Angelo Ferracuti)
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